reinserimento nella società.

ARTE IN CARCERE PER EVADERE

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a cura di Manuela Mancini

Il carcere non è un luogo come gli altri; è un luogo di reclusione, di forte impatto, di storie diverse, travagliate e complesse. Se ci fermiamo un attimo a riflettere, generalmente, di una città si sa dove sono la stazione ferroviaria, l’aeroporto, i monumenti principali, ma spesso nessuno sa dove sono le carceri, perché per la società libera non esistono.
Per questo, per i detenuti è importante partecipare ad attività sociali, comunicare con l’altro per far capire e sentire che loro esistono.
Anche l’attività artistica diventa, quindi, fondamentale per non far sentire abbandonati i detenuti, perché purtroppo il carcere è un luogo trascurato.
Parole, immagini, fotografie e performance rafforzano la creatività, lo spirito di gruppo, la condivisione, permettendo ad ognuno di raccontarsi, di esprimere se stesso in modo creativo e libero.
I laboratori artistici possono essere occasioni di arricchimento per i partecipanti, che spesso non hanno avuto la possibilità di accostarsi all’arte anche prima della detenzione, e ampliano orizzonti che erano ristretti permettendo di far nascere passioni alle quali i detenuti non erano mai stati stimolati.
Fermamente convinti della funzione inclusiva dell’arte, i soci volontari dell’Associazione Espressioni d’Arte, che da anni operano sul territorio con la realizzazione di progetti volti a divulgare la cultura attraverso l’arte nelle sue diverse forme, hanno, tra i vari progetti, quello di entrare nelle carceri per dedicare parte del loro tempo all’organizzazione di laboratori artistici per i detenuti.
Le attività laboratoriali non dovranno essere esclusivamente legate all’apprendimento di un mestiere, ma pensate anche per favorire lo sviluppo o il rafforzamento di competenze relazionali fondamentali per il reinserimento nella società dopo la detenzione.
Già dallo scorso anno, collabora con l’Associazione Albino Prudentino, che sta scontando la sua pena detentiva fuori dal penitenziario in regime di semilibertà.
Albino racconta che grazie all’arte, e in particolare alla pittura, è riuscito a superare le difficoltà della detenzione, a stemperare le tensioni che inevitabilmente si accumulano nella quotidianità della vita in carcere.
I suoi dipinti parlano di lui, del suo vissuto, del suo desiderio di libertà. Paesaggi, figure umane e oggetti simbolici animano le sue creazioni, frutto di studio e osservazione delle opere dei pittori più famosi dell’arte classica, moderna e contemporanea. Per Albino l’arte è stata un mezzo di evasione, un modo per superare quel muro che separa quelli che stanno fuori da quelli che stanno dentro, traiettorie umane diverse tra loro che l’arte non riunisce sotto l’etichetta di “carcerati” ma, entrando negli animi di uomini e donne differenti per provenienza, cultura e sensibilità, li rende tutti uguali in un piccolo spaccato di umanità della globalità.
Tra pochi mesi Albino sarà libero, ma non smetterà di dipingere e di amare l’arte. Sì, perché l’arte, tra i suoi numerosi poteri, ha anche quello, meraviglioso, di portare il mondo in un luogo che dal mondo è completamente fuori.