Natività Brescia

Natività nel Convento della madonna delle Grazie di Brescia

Pittura

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NUOVE INDAGINI ATTORNO ALLA NATIVITA’  NEL CONVENTO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE DI BRESCIA

a cura di Nava Luca.

natività Madonna delle Grazie a BresciaLa recente riscoperta di alcuni importanti lacerti di affresco, realizzati da Gentile da Fabriano nella cappella del Broletto di Brescia1, ha rinnovato l’interesse per ogni testimonianza figurativa presente in città che è sempre suscettibile di nuovi apporti culturali dai risvolti, talvolta originali, arricchendo cosi una tradizione pittorica già luminosa, specie per quanto riguarda le testimonianze del mondo gotico, e le sue esuberanze stilistiche.

Di particolare interesse è, per gli scambi culturali fra Lombardia e Veneto, il passaggio dalla cultura tardogotica al primo umanesimo, nel quale, ad una sensibilità internazionale si va gradualmente sostituendo un gusto più “regionale”, quando non squisitamente “municipale”.

Un aspetto che vale la pena di evidenziare nel quadro di riferimento del XV secolo, è quello dell’impegno della città di Brescia nel rinnovo della decorazione dei palazzi sia civili che religiosi, in un contesto di generale rinnovamento politico, promosso dalla  breve signoria di Pandolfo Malatesta che commissionò a Gentile (1414-1419) i già citati affreschi del Broletto, i quali sembrano proporre in pittura il modello estetico e architettonico della città : vi compaiono la piazza (1433-35), la loggetta (1466-72) e la torre delle ore (1437-61).2

La rilevanza di tale progetto di rinnovamento risiede nel gran numero di artisti, chiamati a lavorare a tale rinnovo, quelli impiegati direttamente da Pandolfo, fra gli anni  1408-21 e che comprende anche, oltre ai palazzi civili, la “curia nova”; vi lavorano maestri rimasti in buona parte anonimi, altri con attribuzioni incerte, fra questi Giacomo da Milano, Antonio da Cremona, Bartolomeo Bonardi, Giorgio Zuccano. In seguito arriveranno anche Giovanni e Andrea Bembo, lavorando in citta dal 1421 al 1449 il padre Giovanni e  dal 1430 al 1459 il primogenito Andrea mostrando qualità assolutamente affini ai grandi maestri presenti con i quali sussisteva un quotidiano confronto sui temi e soggetti della tradizione.

Se la committenza per opere cittadine era di origine comunale, quella degli ordini religiosi di istanza sul territorio, trova il suo naturale approdo nelle chiese di origine romanica o gotica, che nel corso del XV sec vennero sottoposte ad un rinnovo architettonico, cui seguiva quello decorativo, specie negli spazi ad arco, timpano, voluto da confraternite, parroci, come si desume da molte iscrizioni rinvenute, ad esempio nelle pievi di Gussago e nella cappella dei Disciplini della SS Croce nel 1476.

Accomunando le novità verificatesi nelle varie chiese distribuite sul territorio bresciano, è possibile avere una idea orientativa sugli effetti delle novità apportate da Gentile, come attestano pure Giovanni e la bottega dei Bembo, oltre al maestro Paroto3.

Proprio nella temperie di rinnovamento di quegli anni si colloca la decorazione ad affresco, con inserti a secco*, della chiesa conventuale della Madonna delle Grazie, raffigurante la Natività di Gesù, tradizionalmente riferita alla scuola di Vincenzo Foppa, pittore dalla sensibilità ancora tardio-gotica di gusto cortese, e che  ha lasciato le sue testimonianze ad affresco più rilevanti nella Milano della seconda metà del quattrocento, in specie, alla cappella Portinari in S. Eustorgio in cui dimostra di aver acquisito e fatto proprie, le novità prospettiche alle quali piega lo spazio architettonico in funzione delle scene rappresentate.

La medesima perizia prospettica si riscontra nel martirio di S. Sebastiano, in un affresco staccato, ora alla Pinacoteca braidense (figura.1)

Il problema della gestione dello spazio, era gia stato affrontato dal Foppa anche nei celebri “tre crocefissi”(figura 5) della Pinacoteca Tosio-Martinengo a Brescia, ma con qualche elemento di incertezza in cui, lo spazio ricavato dentro l’arco a sesto tondo, è uno spazio di una città irreale e restituita in proporzioni che non assecondano il gioco illusionistico.

Ma riflessi di Gentile, nell’opera del giovane Foppa, sono anche quelli fatti notare dal Berenson nella sua “Madonna dell’umiltà”4 , per la quale si devono, con buona opportunità, ricercare  anche riferimenti veneti, quando non addirittura nordici, di maestri magari transitati per Venezia.

E’ interessante pero’ indagare oltre la precaria attribuzione al Foppa, non suffragata da alcun documento, e fare un tentativo di inquadrare il dipinto,nel contesto, non solo artistico, nella Brescia di quegli anni.

Su questa ricerca che si snoda fra chiostri e chiese, nella città rinascimentale, sembra utile riservare particolare attenzione all’osservanza Agostiniana, capace di promuovere committenze stilistiche e iconografiche su un ampia area5: la chiesa ed il convento di S. Barnaba, in questo senso, rivelano testimonianza dell’attività ad affresco  di ambito della bottega dei Bembo, più precisamente ad Andrea, affreschi ora staccati e conservati in pinacoteca Tosio-Martinengo, nonché i noti affreschi di Giovan Pietro da Cemmo .

E’ da questa bottega dei Bembo, artisti cremonesi, che si creano in quegli anni, una sorta di canali nei quali passa il rinnovamento figurativo per conto degli agostiniani, fra Brescia, Cremona, Milano Bergamo, ed in particolare, molto incisivi  saranno i rapporti con il convento agostiniano a Bergamo a partire dal 1444, data dell’avvento dell’osservanza. In questo contesto si mosse Andrea Bembo, realizzando quelli che furono gli affreschi del coro, ora persi6.

Nelle opere successive del giovane Andrea, si avverte una certa vicinanza alla già citata personalità di Giovan  Pietro Cemmo, ad esempio nella sua” Annunciazione” di Esine (figura.2) specie per quello che riguarda la posa delle figure e la gestione dello spazio in prospettiva attorno ad esse.

Tracce di questo sfuggente pittore, Andrea, della famiglia Bembo, e che ottiene la cittadinanza bresciana nel 1431, i cui fratelli devono la maggior fama soprattutto per i Tarocchi della corte milanese, le si ritrovano nel chiostro di San Domenico a Brescia, nel quale si legge una firma “Andreus Bentjus”, ma anche questo, in problematiche condizioni di conservazione.

Del pittore cremonese si conosce un dipinto, a lui attribuito, raffigurante una madonna in trono con bambino tra i santi Agostino, Giovanni Battista, Girolamo e  Nicola da tolentino, risalente alla metà del quattrocento ed ora  alla Tosio-Martinengo.

L’affresco misura 60×180 cm circa e proviene, a conferma del ruolo degli agostiniani in città, dalla cappella Calini nella chiesa agostiniana di san Barnaba a Brescia.

Andrea è documentato a Brescia fra il1419 ed il 1459, e la datazione dell’opera consente un sufficiente elemento che puo corroborare l’ipotesi attributiva oltre al dato stilistico, in cui Agostino è presente all’interno di una composizione ancora tardogotica, con presenze di elementi vegetali ed un muretto utilizzato come espediente di scansione spaziale.(figura.3)

Il dipinto si completava con una annunciazione ad arco, posizionata sopra la scena maggiore, anch’essa ora, alla Tosio- Martinengo.

Di Andrea, a Brescia, si conosce un’altra opera, a lui attribuita, sulla parete di fondo del presbiterio della  chiesa di S. Agata, con soggetto una crocifissione, ma che rivela influssi allargati alla più ampia sfera padana.

Di Andrea non resta alcuna opera firmata, dopo la scomparsa di un affresco in S. Domenico che recava data 1480, cosi come nulla resta del perduto ciclo ad affresco della chiesa di S. Caterina , i cui lacerti si riducono a due lunette, raffiguranti l’incoronazione della vergine e un’annunciazione.

Sui confronti con quanto rimane dell’artista Cremonese, e sulle ipotesi di scenari che vedevano coinvolti artisti di diversa origine e cultura di istanza, anche provvisoria, nel contesto dell’epoca, si basa la proposta attributiva di chi scrive.

L’affresco mostra una composizione classica della Natività con S. Giuseppe, la Vergine, due figure angeliche adoranti il bambino; la presenza inderogabile del bue e l’asinello si declina con un gusto ancora cortese, in cui gli animali sembrano assumere fattezze, nello sguardo, antropomorfe, e partecipare, consapevolmente all’evento.

Se un ascendente di gusto Foppesco si deve trovare, questo è nei volti della vergine e del S. Giuseppe, solenni, distaccati, assorti in pensieri che fuggono dalla contingenza per abbracciare un destino piu alto, lo stesso sguardo delle figure del Foppa nel Martirio di S. Sebastiano a Brera (figura .1).

Tuttavia, gli inserti delle aureole e la decorazione ad oro del bordo nel manto della madonna, denunciano un gusto ancora idealizzato e legato ai modelli  gotici, con ricchi e flessuosi panneggi, tipico di molta produzione della bottega dei familiari, come nell’adorazione dei magi e nel polittico con cornice architettonica, della natività con santi (figura. 4) del fratello Bonifacio.

Lo spazio è compresso, quasi non curante della perfetta resa spaziale che era stato uno dei caratteri dell’opera tutta del Foppa, la capanna di scorcio poco più che accennata, e la scena dell’annuncio ai pastori sullo sfondo, quasi ad ignorare qualsiasi tipo di ripartizione spazio-temporale fra primo e secondo piano, rivela una concezione sognante dell’evento; piu favola che dogma religioso, e giammai realtà.

L’aspetto coloristico non sfugge a questa logica: preziosi panneggi di raso di velluto, tolgono qualsiasi riferimento alla condizione di indigenza che la tradizione riferisce all’evento e proietta quest’opera, nel mondo incantato di cultura cortese tardogotica.

Opera devozionale per eccellenza, dunque, capace di essere attuale anche ai giorni nostri, a cui viene, nella chiesa conventuale bresciana, riservata una particolare devozione Mariana, a testimonianza di una sapiente miscellanea degli elementi di un mondo in via di cambiamento che, Andrea seppe ben assorbire, ma che probabilmente avvertiva il disagio della consapevolezza, di un mondo, quello a cui lui e la famiglia appartenevano, stava terminando sull’incalzare di nuove istanze, ma che coerentemente con se stesso, non tradisce.

E cosi, il nostro artista si prodiga nelle sue creazioni, ancora sognanti, proponendo una dimensione fiabesca del tema religioso,  ma pur operando in una città fra quelle mediamente esposte ai crocevia culturali, egli imbocca una strada a fondo cieco, che lo conduce di fronte ai muri dei chiostri e delle chiese Bresciane in cui, con ogni probabilità, possiamo ritrovarlo nel silenzio delle poche tracce da lui lasciate e nel quasi totale silenzio dei documenti, ed a cui fa capo probabilmente, anche questa Natività, con cui Andrea, qualora fosse davvero lui, ci porta al cospetto di una corte raffinata, come fu nei suoi anni, ma dai caratteri sacri.

 NOTE E BIBLIOGRAFIA.

1-L.Anelli, Ricognizione sulla presenza bresciana di Gentile da Fabriano, ( arte lombarda ) 76/77, 1986, pp 31-54. De Marchi, Gentile da Fabriano. Un viaggio nella pittura alla fine del gotico, Milano 1992, pp 97-110. Seccamanni, Dati e rilievi sui resti della cappella di San Giorgio al Broletto dipinta da Fentile da Fabriano(1414-1419), Brescia 1994, pp 143-162.

2-V.Frati-I.Gianfranceschi- F. Robecchi (a cura di), La loggia di Brescia e la sua Piazza. Evoluzione di un fulcro urbano nella storia di mezzo millennio, vol 3, Brescia, 1993-95.

3-M.Tanzi, Dalla Valcamonica a Bergamo: appunti sul tardogotico in Lombardia, (bollettino dell’arte), n.92, 1995, pp 57-60.

4-M.Natale, Gli affreschi: aspetti del contesto culturale e dello stile, in L. Mattioli Rossi (a cura di), Vincenzi Foppa. La cappella Portinari, Milano 1997, p 42.si veda inoltre M. G. Balzarini, Vincenzo Foppa. La formazione e l’attività giovanile, Firenze 1996, pp 15-18.

5-M.L.Gatti Perrer, Cultura e spiritualità dell’osservanza agostiniana. L’incoronata di Milano, (arte lombarda), n.127, 1999 pp. 7-67.

*-L’affresco presenta le parti dorate, apposte sulla superficie tramite mordente, ed inoltre si notano tracce di bianco dal tono spento, probabilmente ossidato, fatto questo che potrebbe far pensare a ritocchi postumi la realizzazione, realizzati con bianco di piombo a secco (biacca).

BIBLIOGRAFIA

*Cariplo, Pittura a Milano, rinascimento e manierismo, 1988, Milano, – Pittura del cinquecento a Brescia, 1986, Milano.

*Marco Rossi, (a cura di), La pittura e la miniatura del quattrocento a Brescia, 16 novembre 1999, atti della giornata di studi universita’ cattolica, Brescia, estratto, vita e pensiero, 1999, milano.

*L.Anelli ,1986 – De Marchi, 1992 – Seccamanni,  1994. – V. Frati, I. Gianfranceschi, F. Robecchi, 1993-5

*M.-Tanzi, 1995.

*M. Natale, L. Mattioli Rossi, 1997, M.G. Balzarini, 1996.

*M.L. Gatti Perrer, 1999.

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