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Intervista a Miguel Gomez a cura di Gianmichele Pavone
Miguel Gomez (Michele Loiacono) è nato a Wiesloch (Germania) nel 1962 ed attualmente vive a Casamassima (BA).
Da piccolo ha seguito il padre, artista affermato nella Parigi degli anni 70, e grazie a lui ha avuto la fortuna di conoscere e frequentare gli atelier di Pablo Picasso e Jean Dubuffet, ma in particolare l’incontro con Salvador Dalì ha segnato definitivamente il suo futuro, avvicinandolo al mondo dell’arte in tutte le sue forme ed espressioni. Ha frequentato il liceo artistico a Bari e all’età di 19 anni, per circa un anno, ha viaggiato in Europa come artista di strada. Rientrato in Italia, ha frequentato l’Accademia di Torino. Dal 1987 al 1994 si è dedicato all’incisione, collaborando con artisti quali Emilio Greco, Aligi Sassu, Renzo Vespignani, Enrico Baj. Dal 1994 si è dedicato alla ricerca di nuove espressioni artistiche e dal 2009, oltre che con la pittura, Gomez si esprime attraverso la body art, la performance art, la video art e installazioni.
D. Grazie alle relazioni artistiche di suo padre ha avuto modo di incontrare durante l’adolescenza grandi artisti, rimanendo folgorato a tal punto da decidere di dedicarsi all’arte. Cosa l’ha attratta in particolare?
R. I fattori che mi hanno attratto sono stati svariati. Fra i tanti, cito la forza comunicativa di questi grandi artisti, in particolar modo quella di Salvador Dalì personalità che ha colpito il mio interesse perchè per lui arte non era solo ciò che realizzava ma l’intera sua vita, il modo di affrontare temi, l’ironia e anche la drammaticità. L’artista che invece ha mi ha colpito negativamente è stato Pablo Picasso, personaggio burbero, per un ragazzo giovanissimo come me. Infatti, la vita di Picasso non rappresentava certo un buon esempio visti i suoi rapporti con le donne, innumerevoli, che ha “amato” e ridotto – quando andava bene – a stato di sudditanza, e purtroppo diverse hanno perso il senso della ragione. Dalì nella sua eccentricità mi attirava, lo trovavo sincero anche nelle sue forme più esasperate. Un ricordo concreto me lo ha lasciato donandomi una delle sue innumerevoli tavolozze con l’impegno di usarla, cosa che ho fatto molto più in là nel tempo. Fino ai quarant’anni circa l’ho conservata come una reliquia, con i suoi colori sparsi, poi ho onorato la promessa e per quelle opere che ho realizzato (tra cui “Cireneo 2022”) e che sentivo in modo molto intenso, ho usato la sua tavolozza, sovrapponendo ai suoi colori i miei lasciando intatta la parte interna della tavolozza dove ci sono anche le sue impronte digitali sporche di colore. La decisione di dedicarmi all’arte è stata una conseguenza inevitabile, il mondo in cui ero immerso, le emozioni, le curiosità che suscitava non poteva portare che a questa scelta.
D. Tra le tematiche dominanti nella sua produzione pittorica si scontrano da una parte le creazioni di body painting, con un approccio fisico, corporeo, e dall’altra un’efficace attualizzazione dell’iconografia cristiana che, agli antipodi, punta alla spiritualità. Quale componente prevale nell’artista Gomez?
R. La componente che prevale sempre nelle mie opere è l’emozione di realizzarle, le tematiche sono varie ma quasi sempre rivolte al sociale e alle volte espressamente di ispirazione Cristiana, vedi Il Cireneo 2022, Michael Anghel, Madonna Pop. Altra tematica in cui trovo molta ispirazione è la donna intesa in tutte le sue forme: Madre, Moglie, espressione di canone di bellezza. Il body painting per me altro non è che la ricerca di segni e colori che risiedono nell’animo della persona che dipingo in quel momento, quindi si può dire che svesto il soggetto degli abiti comuni e lo rivesto con l’abito dei colori dell’anima, ovviamente da me interpretata. La spiritualità è sempre presente in tutto ciò che realizzo, perché senza non avrei alcuno stimolo e ispirazione.
D. Il mondo dell’arte interpreta i sentimenti della popolazione ed in questo periodo di grande crisi c’è da chiedersi quali spunti siano più utili per un artista. Possiamo convertire in bellezza e colori le scene di guerra e pandemia?
R. Sarebbe bello poter fare questa conversione, purtroppo oggi l’arte, anzi l’artista che la persegue spesso ha altri orizzonti, il consumismo, la globalizzazione, il mito del successo, il denaro, l’ego, il potere, la speculazione sono solo alcuni dei problemi che affliggono la società contemporanea. Tutti questi problemi uniti ad altri coinvolgono in prima persona l’artista facendo perdere l’importanza del significato di fare arte. Ognuno agisce secondo i propri limiti perdendo di vista una più ampia prospettiva. Viviamo in periodo di paura tra guerre e pandemie, un tempo in cui l’uomo si allontana dall’uomo e in questa tragicità nessuno viene risparmiato, tutti vengono coinvolti e trascinati da ciò che ci circonda e che noi stessi abbiamo creato, tutto è confuso a tal punto da non riconoscere più il bene dal male e in questo caos di immagini e informazioni, che si sovrappongono le une alle altre, tutti diventiamo vittime del sistema che abbiamo creato e l’artista ne fa parte in pieno purtroppo. Lo spunto noi artisti dovremmo forse cercarlo nel profondo delle nostre anime avvicinandoci ad una spiritualità che può diradare la nebbia che ci avvolge, il raggio di luce che squarcia e indica una via, l’arte può essere questa luce, la luce che mira a curare il dolore che ogni giorno ci infliggiamo e infliggiamo agli altri. L’arte è atarassica, rinasce sempre in quanto linguaggio universale che non conosce diversità etniche e sociali e oggi l’artista dovrebbe farsi strumento dell’arte perché arte è luce e colore e il colore null’altro è che frequenza di luce. Per seguire la luce dovremmo, come artisti, guardare nel profondo e poi alzare lo sguardo dove dimora la luce, che è essenza della vita. Credo che probabilmente così si potrebbe innescare quella trasmutazione dove tutto può divenire bellezza.
D. Oltre che come artista, nel mondo dell’arte molti la conoscono come organizzatore di eventi prestigiosi. Cosa bolle in pendola in Puglia in questo periodo?
R. Sono iniziati i preparativi della quarta edizione di Bibart, Biennale Internazionale d’arte di Bari e area Metropolitana di cui sono art director. L’edizione 2023 sarà più estesa e andrà oltre i confini nazionali, coinvolgendo la Grecia. Di più non posso svelare. A novembre 2022 curerò una mostra internazionale a Caltanissetta, in Sicilia, presso Palazzo Moncada e l’Ex rifugio antiaereo. Tra febbraio e marzo 2023 curerò una mostra presso il Mueso della Guerra ad Atene, una vera provocazione: l’arte che invade con la sua bellezza un “Museo di guerra”.





