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CASTRUM MINERVAE E IL PRIMO APPRODO DI ENEA IN ITALIA
di Alessandra Politi
“Scoprimmo, e non ben chiari, i monti di prima. Poscia i liti d’Italia. Italia! Italia! Da ciascun legno ritornando allegri tutti la salutammo… Apparve il porto. Più da vicino, apparve al monte in cima di Pallade il delubro.
Allor le vele calammo, e con le prore a terra demmo. E’ di ver l’Oriente un curvo seno in guisa d’arco, a cui di corda in vece sta d’un lungo macigno un dorso avanti, ove spumoso il mar percuote e frange. Nei suoi corni ha due scogli, anzi due torri, che con due braccia il mar dentro accogliendo, lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto, lunge dal lito è il tempio”.
Così Virgilio, nel Libro III dell’Eneide, versi 820-840, descrive lo sbarco dell’eroe troiano Enea, in fuga da Troia, sulle coste salentine. Ma come si fa a dedurre da queste parole di quale posto con esattezza si tratti?
Da lungo tempo Otranto, Porto Badisco e Castro Marina, tutti piccoli comuni sulla costa orientale salentina, nella parte più bassa della Puglia, si contendono il primato riguardante il così celebrato sbarco, ma l’importante ritrovamento nel 2015, nell’acropoli di Castro, di una statua femminile di grandi dimensioni ( alta più di quattro metri, formato utilizzato per la rappresentazione degli dei ) pare abbia dissolto ogni dubbio. Il reperto archeologico sarebbe un’opera databile al IV secolo a.C., una scultura mutilata raffigurante la dea Minerva Pallade.
Custodita a tre metri sotto terra nel centro della piccola cittadella di Castro, luogo di origine medievale, posto su un promontorio a 98 metri sopra il livello del mare, sulla linea di demarcazione tra Mar Adriatico e Mar Ionio, la statua è stata rinvenuta grazie a scavi effettuati da archeologi dell’Università di Lecce, guidati da Amedeo Galati.
Le descrizioni dello sbarco hanno portato ad identificare il porto romano di Castro Marina, che costituirebbe la parte bassa della cittadella, centro peschereccio e balneare, con il luogo scelto da Enea per attraccare le navi, proprio in virtù del culto storico della dea Minerva, a cui la cittadina è devota.
“ Castrum Minervae” è infatti il nome originario di questo porticciolo, dominato da un alto rilievo dai fianchi ripidi e scoscesi, che si protende sul mare, alla cui sommità, un tempo, si ergeva appunto il maestoso tempio consacrato alla dea romana Minerva, l’Atena dei Greci.
Gli scavi archeologici hanno quindi riportato alla luce l’antico santuario di Atena Iliaca, da identificare con quello che narrava Virgilio nei suoi esametri dattilici, che ci descrivono mirabilmente le rocce frastagliate su un mare blu e impetuoso.
La straordinaria ricchezza artistica rinvenuta è in parte esposta al Museo Archeologico, il MAR, situato nelle sale del Castello Aragonese, dove si può rivivere la storia dell’antica Castrum Minervae e conoscere le scoperte ampiamente illustrate nella relazione del professor Francesco D’Andria, ordinario di Archeologia greca e romana e direttore del Museo archeologico di Castro, nell’ “Athenaion di Castro tra Greci e Messapi”.
Con “Athenaion” riconosciamo quindi l’area sacra restituita alla luce dagli scavi, l’area del tempio di Minerva, nella zona detta “Capanne”, luogo in cui la dea Athenaion “dormiva da secoli protetta da una teca di pietra. Intorno i doni dei devoti da tutto il Mediterraneo”.
Dalla leggenda così si passa alla storia e Castro diventa l’approdo italico di Enea, come confermano i preziosi ritrovamenti archeologici.
Molte le iscrizioni rinvenute in lingua messapica, i graffiti dipinti sui vasi oppure incisi sui blocchi in pietra degli altari, delle colonne, degli edifici. Di grande valore, inoltre, le enormi lastre in pietra tenera leccese, tutte decorate con fregi, che gli scavi hanno restituito, lastre appartenenti chiaramente al santuario di Athena, con molta probabilità utilizzate per la recinzione dell’area sacra.
Sotto le possenti mura costruite dagli Aragonesi dopo l’assalto dei turchi a Otranto nel 1480, gli archeologi stanno rinvenendo, con accurate ricerche, mura molto più vecchie, costruite tra il IV e il III secolo a.C. dai Messapi, antica popolazione illirica che abitò il Salento.
Sono blocchi di pietra lunghi, rocce usate per le murature e intervallate da torri, rocche e terrapieni, che terrazzavano tutta la collina fino al mare e facevano di Castro una vera fortezza, una località di fondamentale importanza per le rotte marittime.
In questo modo la perla della costa assurge a regina fra le regine, aggiungendo un sigillo epico, leggendario e avventuroso al suo già ragguardevole incanto.

