Biblioteca di Michelozzo Tempio del Sapere Umanistico

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LA BIBLIOTECA DI MICHELOZZO  TEMPIO DEL SAPERE UMANISTICO

LUOGO O NUCLEO DELL’INCONTRO FRA L’INSEPARABILE ASPIRAZIONE ALLA CONOSCENZA FILOSOFICA E LA NECESSITA DI SICUREZZA NELLA FEDE.

di Luca Nava

Cosa sono oggi le biblioteche? Forse luoghi silenziosi, quelli sempre più rari oggi, forse anche luoghi polverosi, come una certa idea di museo ancora risulta diffusa fra molti.
Per rispondere alla domanda dell’incipit, è opportuno andare a riscoprire, con l’aiuto di chi questa riscoperta ha dovuto farla, portando a termine un cammino di esegesi concettuale e di messa in opera di quanto riscoperto, e comprendere che cosa significhi varcare la soglia di una biblioteca.
La Biblioteca del Convento di San Marco a Firenze è il luogo giusto a cui riferirsi per rispondere alla domanda iniziale e per vivere un’esperienza che, se affrontata con consapevolezza regala emozioni indelebili.
Ricavata all’interno del convento domenicano di cui fu priore anche Girolamo Savonarola, la biblioteca è opera di Michelozzo, un lavoro di restauro portato a termine intorno al 1430 dopo un lavoro esegetico e di recupero dei canoni classici e dei criteri di proporzione e armonia, di concinnitas che avevano animato l’architettura classica.
Lo spazio si mostra come un vano diviso da due file di colonne che ripartiscono lo spazio in tre navate: le colonne sono esili, sottili, cosi da lasciar che la luce possa permeare, avvolgere i fusti delle colonne stesse, modellandone la superficie morbidamente affusolate.
Sopra le colonne i proverbiali archi a tutto sesto, la classicità, anche e soprattutto romana è arcuata, ed accompagna il visitatore con ritmo cadenzato di forme e bagliori luminosi che si intervallano alle ombre di ugual ampiezza.
Questo alternarsi di luci ed ombre variava durante il giorno, scandendo le ore dei monaci domenicani che, nel loro carisma avevano la peculiarità dello studio filosofico e della natura oltre alla teologia.
Ma seduti nei plutei che abitavano le navate laterali, ora rimossi, trovavano posto anche umanisti e pittori, come il Beato Angelico, frate domenicano e autore di pitture di elevatissimo contenuto a concetto umanistico, cui i soggetti sacri offrivano la possibilità di oggettivazione: lo si può vedere nell’annunciazione notissima del convento cosi come in numerose altre opere sue, di cui qui si riporta un probabilissimo ritratto di Michelozzo, posto internamente ad una deposizione iniziata da Lorenzo Monaco poi morto e dunque completata dall’Angelico.
Forse la prima grande biblioteca umanistica del mondo occidentale, questa realizzazione di Michelozzo adotta la copertura a volte nelle navatelle e più slanciata in quella centrale cosi da scandire lo spazio in modo simmetrico e creare scenografie di luce.
La biblioteca ospitava la raccolta libraria di Niccolo Niccoli, una raccolta di trattati di architettura classica, che costituivano in radice, il fondamento stilistico e culturale del luogo stesso che l’ospitava, ma non solo, anche di tutta la cultura che sarà’ del rinascimento: ecco cosa rinasce, la classicità perduta, la memoria obliterata da mille anni di storia che ha caratterizzato le vicende medievali.
La biblioteca poi fu riorganizzata da uno dei primi e forse più illuminati archivisti della storia occidentale, rispondente al nome di Vespasiano da Bisticci, che al dispetto dell’ironia che si può fare sul cognome “Bisticci”, fece un grandissimo lavoro sulle tracce di Tommaso da Sarzana, il futuro papa Niccolò V.
Dunque rispondere alla domanda iniziale è possibile in più modi; in una biblioteca come quella di San Marco si va per fare una esperienza estetica oggi, e per un ossequio autorevole di una cultura elevatissima che qui ed in altri luoghi della città’ gigliata ha preso linfa vitale.
Ma non solo, fra i libri, antichi e nuovi, interpolando le diverse discipline ivi trattate, ogni uomo e donna, di ogni età, leggendo, può, rendersi consapevole della meravigliosa complessità armonica che li caratterizza e caratterizza il mondo in cui vive, e della bellezza del processo di conoscenza che non elude l’aiuto della fede nel trasendente.
Questo i grandi umanisti lo avevano pienamente realizzato e compreso: non è un caso che la storia abbia fatto depositari e custodi del sapere tutto le biblioteche, ma passando anche per gli scriptorium dei monasteri medievali.
Rileggendo le meraviglie contenute negli scrigni degli scaffali anche polverosi, si può ripercorre le vicende della storia che, vista un po’ più in piccolo è la storia di ognuno, che da spettatore e lettore, la storia stessa, il tempo che passa, renderanno a modo loro.

Annunciazione, Beato Angelico, 1430 circa
Ritratto di Michelozzo (da Angelico)
Biblioteca conventuale di San Marco, 1430, Firenze.
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